Quando mi ritrovo assorto e affascinato a leggere o a rivivere tradizioni, usi e costumi dimenticati o ancora mantenuti del popolo abruzzese, i miei sensi tutti (vista, olfatto, udito, tatto e anche il cuore) seguono i pensieri che vanno ai miei nonni. Trovo sempre il loro ricordo nei tratti di questa cultura popolare che tanto mi attrae e che vado lentamente riscoprendo. Anche nel caso della magica notte tra il 23 e 24 giugno, tutto ha inizio dai racconti serali di mia nonna, sul quel terrazzo con lo sguardo proteso verso la campagna e su fino alla montagna, finché la penombra si abbondonava al buio che ammantava tutto. Mi diceva «Stanotte è la notte di San Giuvanne e dumane matine, se t’arisvije presto, pu’ vedè le nuvole che lavano la faccia a lu sole.» Non sapeva darmi una spiegazione di questo fenomeno e forse non lo aveva mai visto neanche lei ma: «Lo raccontavano gli antichi e la nonna me ariccujeve la felce di prima matine, ancora bagnata dalla bbrine, perché faceva bene a tante cose.»
Da questi ricordi dal profumo magico, misterioso e affettivo è partita la mia curiosità sull’argomento per poi trasferirsi sui testi di Antonio De Nino (Pratola Peligna, 1833 – Sulmona, 1907), e Gennaro Finamore (Gessopalena, 1836 – Lanciano, 1923) dai quali sono state tratte molte delle usanze abruzzesi legate al 24 giugno riportate nel testo. In seguito la mia attenzione è proseguita nella manualistica demologica, al fine di dare una cornice e possibili spiegazioni alla ritualistica; nei vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni dai quali è stata ricavata la vita di San Giovanni; in altri testi di ricercatori del folklore genericamente inteso e della cultura popolare abruzzese nello specifico, con inevitabili tuffi nel mare del web. Così nasce questo mio primo piccolo scritto dedicato all’Abruzzo e al suo popolo.
Ho scelto di riportare credenze e usanze abruzzesi legate al Battista nonostante fossero in disuso già nell’800 e di raccontarle come se non fossero mai state abbandonate perché mi piace pensarle sempre vive e perché, negli ultimi anni, si va verso la riscoperta di molte di queste seguendo l’attuale inclinazione alla valorizzazione delle tradizioni locali quale collante delle comunità e richiamo turistico.
È il sapore del passato di un popolo che deve essere raccontato e rivissuto con abiti moderni come in un viaggio lento nella cultura delle genti d’Abruzzo.
Chieti, 25 dicembre 2017
David Ferrante